Una delle leggende più conosciute nella città di Palermo, oltre a quella della testa di moro, è quella che riguarda Giovanna Bonanno, la megera palermitana meglio nota come “la vecchia dell’aceto“. Una leggenda che trae spunto da un fatto realmente accaduto e che tutt’ora fa parte della tradizione orale palermitana.
Nel XVIII secolo visse a Palermo Giovanna Bonanno, una vecchia povera e mendicante, considerata da tutti una strega.
La donna viveva girovagando nel quartiere della Zisa e fu per un fatto del tutto casuale, che riuscì a dare una svolta alla sua vita. Un giorno si trovava dall’aromatario, nei pressi della via Papireto, quando, all’ improvviso, vide una madre portare la sua bambina sofferente fra le braccia, poiché per sbaglio aveva bevuto un sorso di “aceto per pidocchi“, una mistura a base di aceto e arsenico che l’aromatario stesso vendeva. Subito questi le fece ingoiare dell’ olio fino a che la povera bambina non vomitò avendo così salva la vita. La vecchia Giovanna, che era una donna molto intelligente, intuì subito che quell’intruglio particolare poteva dargli tanti benefici economici da riuscire a cambiare il suo tenore di vita.
La donna comprò una pozione di “aceto per pidocchi”, con la quale fece un esperimento. Vi inzuppò un pezzo di pane e lo diede da mangiare a un cane randagio che aveva catturato, poi lo legò al bastione di Porta d’Ossuna e se ne andò. Dopo qualche tempo tornò per vedere come aveva reagito il cane, e lo trovò morto. Provò allora a tirare il pelo dell’animale e ne esaminò la mucosa delle labbra, perchè se fosse stata nera e il pelo fosse venuto via facilmente, tutti avrebbero potuto capire che era morto avvelenato. Ma questo non avvenne e Giovanna si ritrovò fra le mani un veleno che poteva essere somministrato senza lasciare alcuna traccia. Cominciò a dire in giro di possedere un liquore arcano, capace di riportare la pace nelle famiglie e, per una modica somma di denaro, avrebbe potuto aiutare le poveri ed infelici mogli desiderose di sbarazzarsi del marito, per occuparsi completamente dell’amante.
Le conoscenze mediche degli anni intorno al 1786 erano molto limitate, e quindi, quando i medici venivano chiamati al capezzale dello sfortunato marito di turno, che si contorceva agonizzante fra dolori addominali atroci, questi non riuscivano ad accertarne le cause della morte. Puntualmente però, ogni volta che il toccasana andava a buon fine, la vecchia dell’ aceto si presentava in casa della novella vedova a riscuotere la parcella, si faceva il segno della croce ed esclamava: “U Signuri ci pozza arrifriscari l’armicedda” (Il Signore possa rinfrescargli l’anima) e se ne andava.
In breve tempo, la vecchia Giovanna, fece dell’aceto per pidocchi un vero e proprio business della morte.
All’improvviso, e per molto tempo, nel quartiere palermitano della Zisa cominciarono a verificarsi misteriosi casi di morte, finché, il sospetto di una madre per la morte improvvisa del figlio, e le affrettate nuove nozze della nuora, innescarono un meccanismo di vendetta. La donna finse di volere acquistare anche lei una dose d’ aceto, e al momento della consegna si presentò con quattro testimoni, riuscendo così a cogliere in flagrante la Bonanno che fu subito rinchiusa nel carcere dello Steri (un luogo di detenzione per streghe, fattucchiere e eretiche).
Giovanna Bonanno fu immediatamente processata e condannata per veneficio e stregoneria.
Il 30 luglio 1789, quando, di prima mattina, i nobili mandavano avanti le carrozze per riservarsi un posto in prima fila, venne impiccata come strega in Piazza degli Ottangoli (quadrivia conosciuto come Quattro Canti), dove venivano appese le forche più alte della città e dove finì impiccata la “vecchia dell’ aceto”.
Chi si intende in genere di esoterismo, afferma che l’anima di chi muore in seguito ad una morte non naturale è restia a lasciare questo mondo e così va di luogo in luogo in cerca di pace. Alcuni affermano che il fantasma della “vecchia dell’ aceto”, continui ad errare nottetèmpo nelle vie e nei quartieri di Palermo, a cui sembra sia rimasta affezionata.
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Molto interessante!
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Anche inquietante 🙂
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Certamente sì! Però fa pensare anche all’astuzia umana che non è vincolata al tempo e alla cultura
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Ma può essere favorita 😉
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Certo che sì! 🙂
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Adoro le leggende dei vari paesi! Però le vere streghe non uccidono su commissione,mai,né fanno business dei propri poteri. Andava condannata come assassina,non come strega 😊
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Certo che era un’assassina 🙂 ma per i tempi, l’ignoranza e la paura, le definizioni strega, fattucchiera e mago, erano utilizzate giornalmente per ogni comportamento che sembrasse strano.
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che storia…quanto mi piace!!!
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😀
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Spirito imprenditoriale indomo……
Toccante..
Un saluto
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Buonanotte 🙂
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Incredibile! Potrebbe essere la trama di un bel romanzo!
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Non male come idea 🙂
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ecco perché, quando da bambina guardavo appesa in casa la stampa della seconda immagine che hai postato, mi inquietava così tanto!
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😀 ha ha ha posso capirti
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E’ una storia davvero affascinante. Mi è piaciuta molto, furba Giovanna … ma come sempre chi troppo vuole nulla stringe, non ha saputo fermarsi in tempo. 😆
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Hai ragione! Purtroppo per lei le cose sono andate male 🙂
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Filippo ti son grata di averci fatto conoscere questa storia che odora di leggenda.
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Grazie a te. Le leggende hanno il loro fascino indiscusso e molte hanno un fondo di verità, anche se si tende ad amplificarne le storie nel tempo 🙂
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